Come papà di tre ragazze sono particolarmente sensibile alla questione legata alla droga dello stupro che, purtroppo, sta registrando sempre più vittime tra le giovanissime. E’ forse uno dei pochi ambiti in cui la tecnologia ancora non riesce ad essere un valido supporto come strumento di prevenzione. Infatti, la date-rape drug, come viene definita tra gli addetti ai lavori che cercano di prevenirla, può essere riconosciuta nella maggior parte dei casi solo dopo l’assunzione, attraverso un classico test delle urine. Quando ormai è troppo tardi, perché la droga è stata somministrata alla vittima, attraverso un comune cocktail o una birra, o un bicchiere di vino così come messa in una bibita analcolica, e ha fatto il suo effetto con conseguenze che, quasi sempre, portano ad azioni illegali contro la malcapitata.
Facendo una ricerca, mi sono imbattuto in due soluzioni che, nel loro stadio ancora primordiale, possono essere comunque di supporto alle giovanissime che in una notte in discoteca vogliono solo divertirsi e non imbattersi in qualcosa di davvero brutto. Prima, però, parto dal capire cosa sia effettivamente la droga dello stupro, e in questo caso mi sono informato su un sito specializzato, il Manuale MSD. In forma quasi sempre liquida, e in rarissime occasioni solida, è composta essenzialmente dall’acido gamma-idrossibutirrato (GHB o “G”) e viene assunta per via orale. I suoi effetti sono simili a quelli della chetamina o dell’alcol. In poche parole, una volta assimilata dal corpo, genera effetti che possono essere scambiati per quelli che potrebbero scaturire ingerendo un cocktail bevuto durante una notte in discoteca tra luci e musica ad alto volume. La sensazione è di perdita di controllo ma, se non si è consapevoli di essere state drogate, il primo pensiero è a quella voglia di divertimento estremo che si sta vivendo in quei momenti. Purtroppo, però, l’effetto più sgradevole e pericoloso rimane proprio la perdita di controllo. Per tale motivo che le povere malcapitate diventano facili vittime di chi vuole abusarne.
Passando alle due soluzioni di prevenzione che ho trovato, la prima arriva dall’Università di Bristol, in Inghilterra, che ha studiato un sistema che fa leva su uno strumento alla portata di tutti, e tutte soprattutto, in qualsiasi momento: lo smartphone. Il GHB è notoriamente difficile da rilevare poiché richiede attrezzature speciali, personale qualificato, test specifici per identificarlo. Però, cosa hanno notato i ricercatori dell’università inglese che l’aggiunta di questa droga in un cocktail non altera per nulla il sapore, ma in qualche modo ne altera il colore. Anche se ad occhio nudo è quasi impossibile percepirlo. Almeno che non si usi un’app che, proprio attraverso la camera dello smartphone, identifica gamme di colori particolari tipiche del GHB. Infatti, i ricercatori hanno usato “Color Picker and Helper” per evidenziare se la bevanda “modificata”, nella sua reazione post aggiunta GHB, crei una reazione che genera anche un cambio di colore, in particolar modo verso una tonalità di viola. Se così fosse, probabilmente conterrebbe la date-rape drug. “Color Picker and Helper” analizza i valori numerici di rosso, verde e blu all’interno del liquido che è stato “fotografato”. Attraverso il dato emerso, è possibile determinare quale sia la concentrazione di GHB presente nel liquido esaminato. Come anticipato, si tratta di un sistema abbastanza primordiale che non conferma al cento per cento la presenza di droga nel cocktail, ma è comunque un primo passo che consente alle persone comuni di controllare da sole le proprie bevande e determinare se hanno subito delle ”modifiche” non volute. L’app è attualmente presente sullo store della Apple a questo indirizzo. La versione per Android si chiama invece Color Picker ed è scaricabile a questo indirizzo.
La seconda soluzione è un più datata, di qualche anno fa, e purtroppo si tratta solo di una invenzione emersa durante un lavoro scolastico che non ha più trovato sviluppo commerciale nei mesi a seguire. Si tratta di una speciale cannuccia ideata da tre studentesse della Gulliver Preparatory School di Miami, in Florida, le quali hanno presentato la loro idea alla Business Plan Challenge del Miami Herald del 2017, vincendo il primo posto. Victoria Roca, 18 anni, Susana Cappello e Carolina Baigorri, entrambe 17, a quell’epoca, avevano progettato delle “cannucce intelligenti” che includevano dei componenti separati composti da reagenti chimici, in grado di cambiare colore qualora il liquido, nel quale erano immerse, avesse contenuto alcune delle sostanze più comuni contenute nelle droghe dello stupro, tra le quali proprio l’acido gamma-idrossibutirrico. Questa cannuccia intelligente è rimasta una invenzione e, secondo la mia esperienza, non ha trovato un successivo sviluppo commerciale per il costo che queste avrebbero potuto avere una volta immesse sul mercato. Inoltre, nel corso degli ultimi anni, c’è stata una vera rivoluzione proprio in quest’ambito, dato che le cannucce di plastica sono state sostituite con quelle di carta e, magari, proprio questo materiale non avrebbe permesso l’utilizzo di quei componenti separati necessari per riconoscere la droga. Peccato, perché sarebbe davvero risultato un supporto essenziale per migliaia di ragazze che vogliono solo divertirsi senza incappare in brutte esperienze. La speranza è che la tecnologia, in questo ambito, possa accelerare perché c’è davvero bisogno di mettere un freno.
Nel frattempo che escano fuori altre soluzioni tecnologiche, mi sento di consigliare qualche piccola soluzione, come dire, più analogica che ho trovato surfando su Instagram attraverso il profilo The Safe Cup che invito tutti a seguire; se siete in discoteca posate sempre una mano sopra al vostro cocktail tra una bevuta e l’altra per evitare che qualcuno inserisca qualcosa a vostra insaputa quando siete distratte, non accettate mai bevute da persone che non conoscete o di cui non vi fidate molto e se vi portano una bottiglia aperta al tavolo, chiedetene una nuova e, soprattutto, che vi venga aperta di fronte.